20.5.18
Nota critica alla poesia di Max Ponte della Prof.ssa Maria Rosa Quaglia
Nota critica alla poesia di Max Ponte della Prof.ssa Maria Rosa Quaglia
In occasione dell'evento "Il sole e la luna" dell'Ass. Cultura e Società di Torino.
27 marzo 2018
Max Ponte è un poeta a 360°, la sua figura, la sua personalità, le sue performance sono già poesia. Usa linguaggi diversi, parole in libertà per raggiungere il lettore o l’ascoltatore e come lui ha detto “il poeta è un conduttore, un trasmettitore di dimensioni ultramondane e la catarsi è l’effetto inconsciamente ricercato”.
Click Love è un flusso di coscienza, scombinato, volutamente caotico, un gioco di parole nel quale termini legati alla modernità, al mondo frenetico, virtuale di oggi sono collegati a parole che richiamano l’amore, la passione, la famiglia, valori semplici e universali “per tanto tempo amarci /generare due avatar [...] /che bello morire insieme”. Un click può generare amore? Forse anche questi freddi strumenti, generati dall’uomo e sul quale hanno avuto il sopravvento, possono produrre emozioni, perché l’uomo è fatto di emozioni. Il testo mi ha ricordato il film Lei di Spike Jonze, nel quale si descrive un futuro distopico dove il protagonista inizia una relazione con un software provando forti emozioni e vero amore.
L’elemento dell’amore, amore fisico, primordiale emerge nel testo L'età minoica. Negli ultimi versi di ogni strofa si ritrova un amplesso, un atto d’amore “precipiterò inevitabilmente dentro di te / [...] collaudando ascensori in lattice / ci rotoleremo su pareti ornate di gigli”. L’elemento primordiale, minoico emerge con forza.
Max Ponte gioca con le parole, usa un metalinguaggio, va a tentoni, tocca le cose e travolge con i suoi versi. In Ho bevuto la tua clorofilla, un atto d’amore è considerato come il processo di fotosintesi clorofilliana, che dà energia solare e dal quale dipende la vita sulla terra. La donna, qui in un processo panico, diventa una fata silvestre e tutto il resto, “l’autobus 61", "le redazioni dei giornali", la città che tace, è là fuori, fuori da questa metamorfosi.
Non c’è che dire, il tema dell’amore è centrale nell’autore e lo troviamo anche nella poesia Ho provato a stare senza di te ma poi mi appassivo. Questo testo fa riflettere come un amore, una persona possono essere un perno attorno al quale si sorregge un’esistenza, un mondo “mi pareva che gli alberi si afflosciassero [...] le auto se andassero in giro stancamente”. Senza un meta, senza quel perno che sorregge “mi appassivo” e tutto cambia forma, luoghi e tempo, tutto è relativo come gli orologi liquidi di Salvador Dalì.
Nel testo Io mi ricordo quando davi da mangiare agli ascensori, vi è narrata una storia, una storia triste. Un oggetto del passato che riemerge con un suo ruolo specifico “davi da mangiare gelato al tuo amico cassonato”, un ascensore, un oggetto meccanico che diventa un amico, forse l’unico. L’ascensore, che permette di uscire o ritornare in una situazione non sempre piacevole, diventa un amico immaginario, un confidente con il quale condividere un piacere, come il gelato, ma anche un dispiacere oltre la porta. Un gioco di ruoli dove gli oggetti servono per parlare del soggetto.
Il tema del dolore, narrato attraverso gli oggetti, è presente anche nel testo Han tagliato il noce davanti a casa nostra. Tre strofe per spiegare il significato di un’assenza e per risollevarti, dice il poeta, “potresti scrivere dei versi? [...] mi sentivo un domatore di parole”. La poesia è liberatoria, a volte salvifica, è pura elevazione.
Certo Max Ponte è un vero “domatore di parole”, gioca con le parole, con il loro significato polisemico, slega il linguaggio omologato e conformista costruendo una poesia dai toni ricercati. Il testo Dimmi qualcosa di è sonoro, ricco di allitterazioni, onomatopeico, incessante nel suo procedere nel “non senso”, di effetto e profondo è il verso “dimmi qualcosa in crine alla fine”. Anche quando ci parla di "partito autocratico" ci parla dell’uomo che si riappropria del suo potere assoluto e così riprende in mano la sua vita dopo aver gettato tutto e tutti "nell’ade elettronico”.
Divertente e di grande effetto l’immagine delle parole nella borsa di juta, insieme a due peperoni e tre cipolle del testo Ti ho cercata al mercato di S.Salvario. Testo originale per raccontare una ricerca forsennata, l’attesa e la scoperta, l’immaginare e forse non trovare mai, sintesi della nostra vita.
Nella poesia Fai finta che io sia partito per la guerra, di nuovo la modernità si associa al passato, alla storia, in fondo “ogni tanto aprendo una chat” è come avere un amore lontano, come fosse partito per un viaggio o per la guerra. Una riflessione sui rapporti virtuali, tanto frequenti oggi. Le chat rendono possibili relazioni, eludendo la dimensione spaziale, in questo modo siamo tutti sospesi, vicini e lontani allo stesso tempo.
Le poesie di Max Ponte, vanno lette e rilette, il suo stile si basa su una continua ricerca di polisenso e già il titolo è un testo a sé. Modernità, sentimenti e quotidianità sono ingredienti utilizzati dall’illusionista poeta nell’intento di evocare piuttosto che raccontare.
Maria Rosa Quaglia
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