9.6.18

Nota critica alla poesia di Max Ponte di Geo Vasile




Tempo fa ho avuto il privilegio di conoscere di persona a Torino il poeta Max Ponte (nato nel 1977), il più rappresentativo poeta torinese della nuova generazione lirica italiana. Oltre alle sue liriche, spinto da un unico slancio altruista, si occupa di eventi poetici, diffusi nelle grandi città italiane, sono dei veri spettacoli performativi sotto l’egida di Apollo e quasi tutte le muse, Erato e Melpomene comprese.

La poesia stessa di Max Ponte del recente volume 56 poesie d’amore (Granchiofarfalla, 2016) è spettacolare, nel senso del drammaticità degli sceneggiati epico-ossimorici e provocatori a partire dai titoli, talvolta lunghissimi (illuministi?) come Amami brutalmente nei cataloghi della scuola vaticana, Flowersperma (poema tessuto di allusioni che sfida ogni pudibonderia, riuscendo ad essere un capolavoro lirico narcisico, sado-maso, amorosamente irrestibile), L’universo è quando sorridi e si crea una faglia nel terreno due vulcani esplodono le banche chiudono, Ti voglio comprare un palloncino a forma di coccinella, Dovevamo litigare nel 2070 invece abbiamo litigato sabato mattina, Soap opera dentro di me, Il partito autocratico interstellare, Ho bevuto la tua clorofilla e altre. L'ars amatoria va a braccetto con Catullo, Ovidio, Saffo, ma anche con i Novissimi, c’è anche Patrizia Valduga addolcita da Alda Merini: “Ho bevuto / la tua colorofilla / di fata silvestre / ho sentito / il tuo collo crescere / sulle mie labbra / la lingua nel solco / chissà dove eran finite / le tue scarpe di vernice".


Non mancano dal discorso scombussolante di Max Ponte, la sintassi suicida di Amelia Rosselli, l’ermetismo di Alfonso Gatto, Andrea Zanzotto nonché i ludici europei e anglosassoni (da Prévert a Bukowski). Max Ponte ha tratto la sua coscienza estetica dai grandi della poesia italiana ed universale in una sintesi inedita ed originalissima, potendo dire come Mallarmé: “La chair est triste, hélas, et j’ai lu tous les livres”. Permettendoci uno scherzo sulla scia del modo di essere quasi tragico di Max Ponte (“spesso il mal di vivere ho incontrato”), diremmo "et j’ai vu tous les films”.


Max Ponte è l’espressione postmoderna stessa del surrealismo onirico italiano ed europeo ("io mi ricordo quando davi / da mangiare agli ascensori in un palazzo di Torino / ai confini con Venaria"), sapendo far innescare i meccanismi intraverbali della stupefazione. Sentiamolo di nuovo: “Ora che ho scoperto / l'estetica minoica e la scimmia azzurra / sono fermamente risolto /a far reagire i miei liquidi con i tuoi”.


L’elegante libro di Max Ponte è un compendio di varie tipologie di donne e di linguaggi. Due parole diremo sul problema dei linguaggi, da quello aulico fino a quello scientifico, dal plurilinguismo ad un affascinanti giochi di parole - armonici allucinogeni - che vogliono e riescono a far scattare la vera rivoluzione poetica del millennio “Scassami di baci / che languono all’inguine /che lattono latenti / scassami di baci / che sismano di baci/che sismano le ossa/scassami di baci /che fendano aulenti / scassami di baci / che allagano il limite / scassami di baci / allettano l’ittica / scassami di baci / che alleviano i lividi / scassami di braci / altrimenti”.


Geo Vasile

Bucarest, 17 luglio 2017

Geo Vasile, italianista, scrittore, critico, traduttore e poeta, è una delle figure più importanti che legano il mondo lettario italiano a quello romeno